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Decostruire la complessità: un’innovazione multidisciplinare (parte 1)

Come l'intelligenza artificiale può aiutare ed efficientare la valutazione delle Soft e Hard skills.

Questo articolo, intitolato "Decostruire la complessità: un'innovazione multidisciplinare", rappresenta un’analisi multidisciplinare sugli impatti che la trasformazione digitale sta generando nel rapporto tra uomo e lavoro e nella relazione tra benessere individuale e crescita aziendale.

La pubblicazione è suddivisa in due parti, la prima analizzerà come l'intelligenza artificiale possa aiutare ed efficientare la valutazione delle soft skills.

La seconda parte si concentrerà sull’utilizzo della realtà virtuale nella creazione di esperienze formative, immersive ed interattive, capaci di migliorare apprendimento e retention delle informazioni.

L’essere umano, cercando di comprendere il mondo che lo circonda, ha per sua natura una propensione innata a confrontarsi con sistemi complessi.

Da sempre impegnato al confronto con le sfide della sopravvivenza e dell’adattamento all’ambiente – naturale e sociale – lo sviluppo dell’uomo è stato caratterizzato dalla ricerca continua.

Oggi, anche per effetto del progresso tecnologico, il mondo si configura con un aumentata complessità in cui grandi quantità di elementi interconnessi – fenomeni naturali, organizzazioni sociali, economie, ecosistemi – interagiscono tra loro in modo non sempre prevedibile.

Società dell'informazione, globalizzazione, sviluppo scientifico e tecnologico: questi i 3 grandi "shock" che hanno trasformato il modo in cui l’uomo comunica, si informa e lavora.

Evan Roth, Red Lines with Landscapes: Portugal (Lisbon) 2020

Etica e tecnologia

La crescita esponenziale del potere tecnico scientifico, reso possibile dall’intreccio di “bio”, “info”, “nano” e “neuro”: quattro prefissi che rimandano ad altrettante tecnologie emergenti, ha prodotto una vera e propria rivoluzione i cui effetti si traducono in: incertezza, velocità ed iperconnessione.

L’avvento dell’Industry 4.0 - con cui si è assistito alla diffusione di tecnologie avanzate come l'intelligenza artificiale, l'internet delle cose, la robotica avanzata e la simulazione di realtà virtuale - ha aperto ad importanti riflessioni sul rapporto tra etica e tecnologia.

Ogni applicazione tecnologica svela l’uomo a sé stesso, gli dice qualcosa in più sulla sua natura. Più che una rivoluzione digitale meramente tecnologica, quella attuale pare configurarsi come una vera rivoluzione di portata per tutto il patrimonio umano.

Se la tecnologia ha questo valore antropologico significa che l’uomo eccede la tecnica, la trascende, si rivela in essa ma non è determinato e definito da essa. Per questo la tecnica deve essere a servizio dell’uomo.

Parlare di “progresso scientifico” significa porsi il problema dei fini dell’azione umana: verso dove ci si dirige?

La riflessione etica è intrinseca alla scienza. La macchina non ha un fine: siamo noi che glielo diamo.

Considerato da questa angolatura il dibattito tra tecno-ottimisti e tecno-scettici sembra parlare maggiormente del tempo che stiamo vivendo, piuttosto che del futuro che ci attende.

Per i più ottimisti il futuro è immagine di un mondo in cui la fatica del lavoro sarà relegata alle macchine, mentre gli uomini potranno dedicarsi a ciò che più amano. Per altri si tratterà invece di un mondo distopico nel quale l’uomo sarà subalterno alle macchine e relegato ai margini della società.

Così, in questa polarizzazione massima, il futuro diventa specchio per riflettere le ansie e le insoddisfazioni di oggi.

Sul disorientamento dell’uomo contemporaneo, è interessante il monito del filosofo Emmanuel Mounier, che negli anni ’30, scrisse:

Non si sa più che cos’è l’uomo e, poiché lo si vede oggi passare attraverso trasformazioni impensate si è convinti che non ci sia più una natura umana. Per alcuni, ciò significa: tutto è possibile all’uomo, e così ritrovano una speranza; per altri: tutto è permesso all’uomo, e abbandonano ogni freno; per altri infine: tutto è permesso sull’uomo, ed ecco il “disorientamento dell’uomo contemporaneo”.

Il potere emancipatorio della tecnologia è fuori discussione. Basti pensare al contribuito offerto a liberazione della fatica del lavoro manuale o alla lotta contro la sofferenza e la malattia. Tuttavia, è necessario guardarsi da un possibile rischio: concentrarsi sull’essenza della tecnologia piuttosto che sul suo senso.

Gli effetti del contesto attuale nella vita quotidiana dell’uomo, sebbene rimangano in larga parte sconosciuti e imprevedibili, hanno già generato modifiche nei comportamenti sociali con un impatto su facoltà cognitive: concentrazione, memoria ed empatia.

Nell’era del digitale l’attenzione è diventata una variabile economica.

Rafael Lozano-Hemmer “PREABSENCE” installation views at House of Electronic Arts, Basel, 2016

La complessità del sistema essere umano

In quanto risorsa limitata, il ruolo dell’attenzione influenza non solo la produttività ma anche le motivazioni intrinseche ad ogni individuo ad agire. Se governare la complessità del mondo è già, di per sé, una notevole sfida; come si governa la complessità del sistema “essere umano”?

Ogni persona è un individuo unico con esperienze, pensieri, emozioni e comportamenti complessi. Tuttavia, è possibile gestire tale complessità agendo secondo un approccio sistemico: considerando le persone non come individui isolati, ma come parte di un sistema più ampio; un’organizzazione o una comunità.

Questo approccio considera il modo in cui le singole parti interagiscono tra loro e come queste interazioni influiscono sull’intero sistema. Si potrebbe, così, dire che le competenze trasversali costituiscano il “sistema operativo” dell’individuo in quanto abilità che permettono di navigare efficacemente in diverse situazioni, interagendo con l’ambiente esterno.

Nell’attuale processo di adozione e integrazione della tecnologia digitale, se i rapporti tra le persone variano, anche i modelli organizzativi devono sapersi evolvere.

È interessante, a tal proposito, quanto emerso dalle analisi di McKinsey “Great Attrition or Great Attraction? The choice is your” (2020) e di IBM Institute for Business Value “Employee Expectations” (2021), in merito alle motivazioni ed alle aspirazioni - in evoluzione - delle persone rispetto alle organizzazioni lavorative.

<< Senso di appartenenza e coinvolgimento (engagement) >>

Sono questi gli elementi che guidano, oggi, la motivazione delle persone; quindi, il successo dell’intera strategia di sviluppo e crescita di un’organizzazione.

Maggiore è l’engagement, migliori saranno le performance.

Gallup, che si occupa di ricerca sociodemografica a livello internazionale, con lo studio “Building a High-Development Culture Through Your Employee Engagement Strategy” ha dimostrato la correlazione positiva tra engagement dei lavoratori e performance aziendali in indicatori chiave quali: valutazione dei clienti, reddittività, produttività, turnover, incidenti sul lavoro, assenteismo e qualità.

In particolare, da questa ricerca, è emerso che le organizzazioni con lavoratori più coinvolti hanno il doppio delle probabilità di successo rispetto a quelli con peggiore engagement.

È necessario comprendere come si crea coinvolgimento e senso di appartenenza. Gli studi in materia dicono che la risposta sta nella creazione di una cultura della formazione e delle opportunità.

Incoraggiando una crescita di competenze allargate e trasversali.

Il concetto di abilità e competenze, in particolare nell’ambito professionale, si estende sia a skills specifiche e tecniche, acquisite per mezzo di un compito o settore specifico (hard skills) che a skills trasversali, maturate grazie a contesti e modalità diverse e connesse ad atteggiamenti personali intangibili (soft skills).

In un mondo lavorativo in continua evoluzione, le soft skills diventano sempre più importanti, poiché permettono di adattarsi rapidamente a situazioni nuove e di affrontare le sfide del futuro determinando competitività e capacità di innovazione.

L’approccio vincente per liberare il talento inespresso di ogni risorsa si basa, quindi, sulla “liquidità” che si esprime nella capacità di adattamento all’ambiente organizzativo, nella trasversalità e nella flessibilità.

Per percorrere questo approccio è necessario, però, trovare rimedio ad una nota difficoltà: la valutazione delle competenze.

La rilevazione delle competenze necessita, infatti, di un costante aggiornamento dell’analisi del processo messo in atto per ricercare le “tracce” del percorso effettuato, in funzione dell’evolversi e del divenire della competenza stessa.

È cosa nota che molte aziende si servano ancora oggi di test della personalità basati sul modello Myers-Briggs (indicato in letteratura come MBTI, Myers-Briggs Type Indicator) per supportare le proprie decisioni in ambito di assunzioni e crescita interna del personale.

Negli anni, tuttavia, diversi esperti e ricercatori del settore hanno evidenziato come i test della personalità, per quanto siano uno strumento rapido, popolare e di facile utilizzo, risultino inefficaci. Nel 50% dei casi, infatti, danno un risultato diverso se ripetuti sullo stesso soggetto perché viziati da bias che spingono la persona sottoposta al test a ricadere nella trappola della convalida del risultato (quello che viene definito Effetto Forer).

Una volta stabilito che i test della personalità non sono lo strumento corretto per supportare la crescita degli individui e dell’organizzazione aziendale, bisogna trovare una soluzione alternativa.

La tecnologia può aiutarci a superare questo limite?

La risposta è SI.

Comprendendo il valore di questa nuova alleanza – tecnologia e persone – è possibile passare da un modello basato sul processo ad un modello relazionale. Dalla customer experience alla people experience.

Il concetto di Umanesimo Digitale, esplorato e sviluppato tramite un dibattito continuo in molti campi diversi, inclusi la filosofia, l’informatica, la sociologia e l’antropologia, sostiene che l'utilizzo della tecnologia digitale dovrebbe essere al servizio dell'essere umano e del suo benessere. In questa prospettiva, l’intelligenza artificiale può aiutarci a fare meglio e a fare cose nuove aprendo, realmente, la strada ad un’innovazione human driven.

Come si è detto, per competere secondo i nuovi paradigmi dell’economia circolare e civile, servono conoscenze e competenze trasversali.

Come identificarle, nutrirle e valorizzarle? AD Consulting – tech company specializzata in consulenza, servizi e soluzioni di digital trasformation – promuove il servizio HTD: human talent development.

Una Suite, dedicata allo sviluppo del talento umano, è caratterizzata da:

  • Tool di Intelligenza Artificiale – permette di analizzare Soft Skill e Hard Skill e di rilevare le esigenze formative, sia dei dipendenti che dei candidati;
  • Virtual Reality Training Tool - per coinvolgere le risorse in formazioni esperienziali innovative e più efficaci.

Partendo dallo screening automatico delle soft skills, basato sull’intelligenza artificiale, i dati raccolti da video colloqui vengono analizzati e correlati rispetto a due macroaree:

  • il contesto della risposta, ovvero, l’inerenza della risposta rispetto alla domanda posta
  • l’emotività, espressa dalla persona durante la risposta

Per superare i limiti, citati, dei test di personalità si è scelto di basare il funzionamento del tool di intelligenza artificiale sulla Structured Beahvioural Interview, ovvero sull’analisi delle risposte date a una serie di domande situazionali/ ipotetiche che aiutano a comprendere come un attuale o futuro dipendente si comporterebbe in una determinata situazione professionale.

Algo interview

La soluzione, sviluppata dal partner Algo AI in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università la Cattolica di Milano è in grado di valutare, oltre a diversefamiglie professionali,  12 soft skills.

Il tool, inoltre, nel rispetto dei principi di etica e affidabilità, utilizza modelli di AI differenti; uno di contesto e due emozionali:

Il Context AI model analizza i concetti espressi durante le risposte del video colloquio con l’obiettivo di interpretare quanto la risposta data sia inerente alla domanda e alla soft skills di riferimento. L’interpretazione si concretizza poi nell’individuazione dei concetti chiave espressi e nella loro classificazione.

Il Facial Expression AI Model analizza l’emotività proveniente dalle espressioni facciali assunte durante il video. Questo permette di comprendere le emozioni che il candidato manifesta mentre sta esprimendo un determinato concetto. Lo stato emotivo rilevato viene poi comparato con la tipologia di concetto espresso e con la domanda per verificarne la coerenza ed esprimere una valutazione.

Il Text Expression AI Model analizza l’emotività proveniente dal testo. Questa analisi permette di associare l’emotività non verbale con quella espressa dalla sfera verbale, andando quindi a confermare o rivedere la valutazione elaborata.

Il vantaggio di questo sistema intelligente non si limita solo all’aumento della qualità del processo di valutazione interno, né alla sola ottimizzazione dei costi di gestione correlati; ma, si spinge oltre, introducendo un framework di processo strutturato e ripetibile capace di ridurre il margine di aleatorietà, bias free e garante di inclusività.

L’output generato dallo screening delle soft skills con AI fornisce dati standardizzati e oggettivi che, non solo evidenziano le competenze già disponibili, ma esprimono anche le esigenze formative individuali e del team. La seconda parte di questo articolo esplorerà il come e il perché queste ultime possano essere soddisfatte efficacemente per mezzo di un'altra tecnologia emergente: la realtà virtuale.

Articolo a cura di:

Stefania Morandi

Innovation Manager di AD Consulting

13 Febbraio 2023